Il bambino che ha chiuso Auschwitz: il suo messaggio contro l’odio

La storia dell’ultimo bambino che ha chiuso uno dei campi di concentramento più terribili, Auschwitz. Il suo messaggio per gli studenti.

Oleg Mandić
Foto da Facebook di Oleg Mandić

Oggi, Mercoledì 27 gennaio 2021 è la giornata in ricordo della Shoah e dei milioni di vittime di uno dei più grandi genocidi della storia. E’ stato scelta proprio questa data perchè il 27 Gennaio del 1945, le truppe sovietiche dell’Armata Rossa abbattevano i cancelli di Auschwitz, rivelando al Mondo intero l’orrore del genocidio.

Una tragedia che non si deve assolutamente dimenticare e per questo oggi sono stati previsti vari appuntamenti, quest’anno on line a causa della pandemia, che coinvolgono anche gli studenti.

L’ultimo bambino uscito vivo da Auschwitz: “Non odiare, l’odio porta altro odio”

Giornata della memoria
Foto da Facebook di Oleg Mandić

Per spiegare ai ragazzi quel periodo terribile sono molto importanti le testimonianze di persone che lo hanno vissuto sulla propria pelle. Ad esempio una storia molto toccante è quella di Oleg Mandić, l’ultimo prigioniero ad uscire vivo dal campo di concentramento di Auschwitz all’età di soli 12 anni.

Quando fu arrestato nel 1944 aveva solo 11 anni e con lui furono prese dai nazisti anche la mamma e la nonna come prigionieri politici. Arrivò ad Auschwitz dopo essere stato prima in un carcere a Fiume e poi a Trieste. Una vicenda che lo segnò profondamente tanto che per 10 anni non ha mai voluto raccontare niente, anzi negava anche di saper parlare il tedesco proprio per non ricordare gli orrori che aveva vissuto.

Dopo qualche anno fu spinto a scrivere un libro sulla sua memoria e lui lo fece proprio per  essere un testimone dello sterminio e degli orrori accaduti, un seminatore di pace nel mondo: “Non odiare. Non conviene: l’odio porta altro odio, anche superiore al nostro. Porta sciagure e catastrofi. E raramente se ne trae soddisfazione. Siccome l’odio lo fomentiamo noi stessi, esso nasce e si riproduce nel nostro cervello. Di conseguenza siamo in grado di governarlo: possiamo e dobbiamo sopprimerlo. Per il nostro bene. Credetemi: io ci sono passato”.

Oggi Oleg Mandić, ha 87 anni, ed intervistato dal Corriere racconta di essere tornato 13 volte nel campo di concentramento di Auschwitz, la prima quando venne a mancare la madre: “L’anno in cui scomparve mia madre. Anche lei voleva andarci ma non fu possibile, le promisi sul letto di morte che l’avrei fatto io. Andai poco dopo. Quando arrivai stavano proiettando un filmato. Mi prese un colpo, mi alzai e gridai: “Quello sono io!”. Per tre giorni mi fecero una grande festa”.

Il signor Oleg è arrivato al campo di concentramento con la mamma e la nonna, per un primo periodo è riuscito a sopravvivere per : “il 5 per cento per merito mio, il 15 per l’amore di mia madre, l’80 per fortuna. All’arrivo venni lasciato nel reparto femminile, anche se dopo i 10 anni non avrebbe potuto“.

Ha deciso di parlare ai ragazzi, agli studenti perchè è preoccupato per le nuove ondare di antisemitismo e per l’indifferenza: “I ragazzi sono i più importanti, sono loro che dovranno ricordare quando noi non ci saremo più. A chi tace in questi momenti dico: guai a stare zitto, dovresti ricordarti che negli anni Trenta, quando vennero a prenderti, non c’era nessuno a difenderti perché quando presero gli altri tu tacevi“.

Voi unimamme conoscevate la storia del Signor Oleg Mandić?

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