Classifiche delle università internazionali: la reputazione delle italiane

Uno studio realizzato da ItaliaDecide e Intesa SanPaolo confronta le università italiane con quelle internazionale analizzando le classifiche ufficiali. Ciò che è emerge è la reputazione del sistema italiano.  Classifica Università internazionali

Fonte: Ricerca IntesaSanPaolo

L’Italia è l’unico Paese con il 40% degli atenei fra i prime mille al mondo.

Mentre Francia, Cina, e Stati Uniti nella classifica hanno meno del 10%, l’Italia vanta il suo 40% nella classifica mondiale.  Inoltre, va menzionato che seppure le risorse investite sono scarse, oggi il numero di iscritti alle università, nonostante la pandemia globale, è in aumento.

A guardare le classifiche internazionali, però, ci sono più ombre che luci inerenti all’Italia e alle sue Università. Proprio ieri italia Decide in collaborazione con l’Intesa SanPaolo hanno presentato una ricerca di ItaliaDecide alla Luiss Guido Carli.

Il focus su “L’Italia e la sua reputazione: le Università”, lo studio

Analizzato nel suo complesso, lo studio sottolinea che il sistema italiano supera di gran lungo tutti gli altri. Un membro del Comitato Scientifico che ha partecipato allo studio afferma che il nostro Paese ha oltre 40 università su 99 tra le prime al mondo. Sicuramente non possediamo picchi assoluti come l’Harvard americana, ma va premiata la qualità di tutto il nostro sistema universitario.


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Inoltre, la vicepresidente della Luiss, Paola Saverino, ha affermato che i ranking internazionali vanno valutati in base alle diverse caratteristiche e in modo consapevole, altrimenti non sono particolarmente affidabili. 

Ad oggi, ci differenziamo dal sistema britannico – considerato elitario – poiché punta sulla qualità di poche università, a discapito delle altre. Mentre, il sistema italiano dal valore medio-alto, non punta all’eccellenza del singolo ateneo, bensì alla sua visione di insieme. Ecco perché oggi, siamo ai primi posti, i migliori, nelle classifiche mondiali.

I problemi metodologici del ranking delle università

La reputazione del sistema universitario italiano è importante. Questo è ciò che afferma il Cda di Banca Intesa, definendo il ranking parte della reputazione che riflette i vincenti di ieri e non quelli di domani, per cui bisogna migliorare.

La ricerca mostra che i parametri utilizzati nel ranking internazionali penalizzano la realtà italiana, e questo rende gli atenei italiani meno competitivi perché meno attrattivi. Valutano infatti le singole università e non il sistema nel complesso.

L’ex ministro dell’Università, Gaetano Manfredi si è espresso sulla questione sostenendo che è giunto il momento di attuare un politica di internazionalizzazione per attrarre studenti e docenti stranieri. Sembra che abbiamo un grande potenziale in Africa, ed è necessario creare dei canali di accesso per gli studenti, per renderci noti all’estero, puntando sull’attrattività del Made in Italy.

Lo scarso investimento per la ricerca

Il tallone di Achille dell’Italia risiede nelle scarse quote che destina alla ricerca, rispetto alla spesa pubblica. Difatti, è inferiore rispetto ai principali paesi europei. La conseguenza è la mancanza di miglioramento delle modalità nel reclutare i professori, garantendo il ricambio generazionale e l’innovazione.

La scarsità delle risorse porta a politiche di ricerca poco meritocratiche e maggiormente concentrate sulla distribuzione di finanziamenti pubblici che non garantiscono lo svolgimento ordinario delle attività. Questo è ciò che emerge dalla ricerca.

Per risalire nel ranking internazionale e aumentare l’attrattività bisogna quindi:

  • incrementare gli investimenti,
  • attuare politiche di reclutamento del personale accademico,
  • migliorare la macchina amministrativa,
  • costruire questa sinergia di collaborazioni tra imprese e atenei.

L’Università italiana spesso non gode di un’ottima reputazione, soprattutto in patria. Lo afferma l’ex Presidente della Camera Luciano Violante, sostenendo che siamo i primi ad auto-denigrarci, parlando male di noi stessi.

Come menzionato prima, però, sia la ricerca, che i dati delle nuove immatricolazioni, devono farci riflettere. L’Università italiana ha continuato ad erogare nel 2020 lo stesso numero di lezioni, tenere gli esami e produrre laureati del 2019. Per non parlare delle politiche messe in campo dal Governo e dal Ministero per l’Università e la Ricerca, tra queste:

  • no tax area,
  • investimenti per assunzioni e borse di studio
  • misure efficaci per la tenuta del sistema.

Con efficienza, seppur le tante difficoltà, il nostro sistema ha dato prova di resilienza e flessibilità, adattandosi alla nuova realtà continuando a “mettere in moto” la macchina.

Per il futuro, sostiene Violante sul Corriere della Sera, ci si attendono 4 grandi trasformazioni:

  1. il digitale
  2. l’energetica
  3. l’ambientale
  4. spaziale

I ragazzi diventeranno consapevoli che sarà questo il mondo in cui vivranno, e non bisognerà più disprezzare le competenze che il sistema italiano offre. L’Università diventerà sempre di più il luogo delle competenze, pur mantenendo il merito della possibilità di accesso per tutti.

E voi unimamme eravate consapevoli di questa ricerca?

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