Coronavirus in Italia: contagi in Lombardia e Veneto, un morto | Cosa bisogna sapere

Coronavirus in Italia: i contagi in Lombardia e Veneto e il primo morto. Cosa bisogna sapere. Le ultime informazioni.

Coronavirus in Italia: i contagi in Lombardia e Veneto, un morto | Cosa bisogna sapere – Universomamma.it (Ambulanza nei pressi dell’ospedale Spallanzani, foto ANDREAS SOLARO/AFP via Getty Images)

Per tutta la giornata di venerdì 21 febbraio si sono rincorse le notizie sul primo contagio da coronavirus avvenuto in Italia. Non semplicemente importato dall’estero, come è stato per i due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma e per il giovane italiano rientrato da Wuhan. In questo caso il contagio è avvenuto sul territorio nazionale, in Lombardia, pare da un giovane manager rientrato dalla Cina a un suo amico di 38 anni, ricoverato ora in gravi condizioni all’ospedale Sacco di Milano. Non ci sono ancora certezze, tuttavia, sul primo contagio, mentre l’uomo di 38 anni, residente a Codogno, in provincia di Lodi, e ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Codogno, ha contagiato diverse persone, tra cui la moglie incinta di 8 mesi e un amico.

Per tutta la giornata, i nuovi casi di coronavirus in Lombardia sono stati prima 3 e poi 6, per esplodere in serata, fino a raggiungere i 15 casi. A questi, nelle stesse ore, si sono aggiunti 2 in Veneto, portando i nuovi casi della malattia in Italia a 17. In tarda serata, purtroppo, uno dei 2 contagiati in Veneto, dove un anziano di 78 anni, è morto.

Com’era prevedibile, la situazione ha scatenato il panico. Mentre nelle zone di Lombardia e Veneto interessate dai nuovi contagi, sono state adottate misure straordinarie, come la chiusura delle scuole, la sospensione dei mezzi pubblici, lo stop a tutte le manifestazioni e feste pubbliche. Misure forse un po’ drastiche ma necessarie per contenere la malattia e scongiurare che si verifichino nuovi contagi.

Coronavirus in Italia: contagi in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna

Non sono state colte di sorpreso le autorità sanitarie italiane quando è stato diagnosticato il primo caso di contagio da coronavirus in Italia, malattia chiamata Covid-2019.  Un uomo di 38 anni di Codogno, in provincia di Lodi, nato a Castiglione d’Adda, è stato ricoverato mercoledì 19 febbraio all’ospedale di Codogno dopo essersi presentato al pronto soccorso con gravi sintomi di influenza che ai test si sono confermati essere coronavirus.

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Il 38enne di Codogno, come ha ricostruito l’agenzia Ansa, si era presentato già martedì 18 al pronto soccorso dell’ospedale di Codogno (Lodi) con sintomi di influenza. Dopo la visita e le prime cure era stato rimandato a casa. Il giorno dopo, tuttavia, le sue condizioni erano peggiorate, così – era mercoledì 19 febbraio – è stato ricoverato in ospedale. Trattandosi di sintomi influenzali gravi, il 38enne è stato sottoposto al test per il coronavirus che purtroppo si è rivelato positivo. La risposta è arrivata nella serata di giovedì 20 febbraio.

A quel punto è scattato il piano di emergenza, con l’isolamento del paziente. Purtroppo però il 38enne nel frattempo aveva condotto un’intensa vita sociale, incontrando colleghi di lavoro, facendo sport e frequentando locali. Una situazione che nel giro di poco tempo ha portato a un aumento veloce della diagnosi di coronavirus. Fino a pochi giorni fa erano solo 3, i due turisti cinesi e il giovane ricercatore di ritorno da Wuhan.

Il 38enn lavora nel reparto amministrazione dell’Unilever di Casalpusterlengo, dove si è regolarmente recato prima di ammalarsi. Essendo uno sportivo, nei giorni scorsi ha partecipato anche a due corse, una mezza maratona a Santa Margherita Ligure il 2 febbraio e una il 9 febbraio con la sua squadra a Sant’Angelo Lodigiano. Ha giocato anche a calcetto e ha partecipato ad almeno tre cene e incontri di lavoro. Da questi contatti giornalieri e frequenti i primi contagiati sono stati la moglie, incinta all’ottavo mese di gravidanza e insegnante di liceo ma, per fortuna, a casa in maternità, e un amico, figlio di un barista di Castiglione d’Adda.

Questi sono stati i primi 3 casi annunciati nella giornata di venerdì 21 febbraio, presto saliti a 6 e riguardanti tre clienti dello stesso bar di Castiglione d’Adda,. A questi casi nelle ore successive se ne sono aggiunti altri 9, fra cui 5 operatori sanitari e 3 pazienti dell’ospedale di Codogno, dove insieme al 38enne sono stati ricoverati i primi contagiati.

L’ospedale di Codogno, insieme al pronto soccorso, è stato chiuso per evitare altri contagi e i pazienti sono stati trasferiti all’ospedale Sacco di Milano, nel reparto specializzato per le malattie infettive. Il Sacco insieme allo Spallanzani di Roma erano stati già individuati dalle istituzioni sanitarie per la gestione dei casi di coronavirus. Tutti i pazienti sono stati trasferiti, i malati di coronavirus al Sacco e gli altri negli ospedali vicini. Tutti tranne il 38enne che è in gravi condizioni, per insufficienza respiratoria, e ricoverato in terapia intensiva. Le condizioni della moglie, invece, sono buone.

(Foto: ospedale in Cina. STR/AFP via Getty Images)

Il problema ora è capire dove, da chi e come il 38enne di Codogno abbia contratto il coronavirus. In un primo momento si era detto che il paziente zero, colui dal quale si è originata la malattia in Italia era un manager rientrato da un viaggio in Cina a fine gennaio e che dopo il suo ritorno si era incontrato con il 38enne di Codogno, con il quale era andato a cena. Come è stato possibile che nessuno abbia controllato il manager in aeroporto? La spiegazione sta nel fatto che l’uomo era tornato in Italia con un volo dalla Cina il 21 gennaio. In quella data non erano ancora scattati i controlli capillari negli aeroporti su tutti passeggeri provenienti dalla Cina, ma erano appena iniziati soltanto i controlli sui passeggeri in arrivo a Fiumicino con i voli diretti con Wuhan, la città della provincia continentale di Hubei, da cui ha avuto origine il contagio.

In questo modo spiegherebbe come mai nessuno si sia accorto in aeroporto che il manager aveva al febbre o qualche altro sintomo sospetto di coronavirus. Prima di giungere alla conclusione che fosse asintomatico. Ma c’è di più, il manager finora è risultato negativo al test. Quindi le ipotesi sono due: o si è ammalato, ma con pochi sintomi, ed è guarito da solo oppure non ha proprio contratto la malattia e non è lui il paziente zero. Emerge, tuttavia, che ha sofferto di una qualche sindrome influenzale quando incontrò l’amico 38enne per cena, era il periodo dall’1 all’8 febbraio. Per sapere se si sia ammalato o no di coronavirus, verranno effettuati degli esami del sangue per verificare la presenza dei relativi anticorpi.

Una situazione molto complicata, che richiede indagini approfondite. Il manager rientrato dalla Cina lavora alla Mae di Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza. Anche qui è scattato il piano di emergenza con la chiusura delle scuole e la sospensione delle manifestazioni pubbliche come il Carnevale e degli eventi sportivi. All’ospedale di Piacenza, poi, è stata ricoverata una donna con sintomi da coronavirus, collega del 38enne.

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Quello che va fatto ora è ricostruire tutti i contatti avuti dal 38enne e dall’amico che potrebbe averlo contagiato. Si tratta di centinaia se non migliaia di persone. Il solo 38enne ha avuto contatti con i suoi colleghi di lavoro, si tratta dei 120 dipendenti dell’Unilever, circa 80 persone che appartengono alla sua cerchia più stretta, 40 persone della sua squadra di corsa e addirittura 70 tra medici e personale sanitario dell’ospedale di Codogno.

Per questo motivo e la vastità dei casi che potrebbero coinvolti la Regione Lombardia d’intesa con il governo ha attuato misure restrittive in 10 comuni della provincia i Lodi frequentati dalle persone contagiate, dove abitano circa 50mila persone. Si tratta di: Casalpusterlengo, Codogno, Castiglione d’Adda, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e Sanfiorano. Questi comuni sono stati posti in isolamento le persone sono state invitate a non uscire di casa. Già venerdì 21 febbraio Codogno era una città fantasma.

Il Ministro della Salute Roberto Speranza ha spiegato che sono state annullate “tutte le manifestazioni pubbliche e le attività commerciali se non di prima necessità”, sono state chiuse le aziende, le suole, gli asili e sospese “le attività ludiche e sportive”. “Il piano adottato prevede scelte forti”, ha detto, ma “dobbiamo trattenere il virus dentro quell’area“. Il ministro ha anche confermato l’obbligo di quarantena “fiduciaria” per chi torna dalla Cina, e sorveglianza attiva per chi è stato nelle aree a rischio, con obbligo di segnalazione alle autorità sanitarie al rientro in Italia.

Nel frattempo, circa 250 persone, forse anche di più saranno messe in quarantena. Per accoglierle sono già pronte due caserme della Difesa a Milano e Piacenza con 180 posti, e potranno essere requisiti anche degli alberghi.

Coronavirus in Veneto, il primo morto in Italia

Non finisce qui, nella serata di venerdì 21 febbraio è uscita la notizia di altri 2 casi di coronavirus, questa volta in Veneto, in provincia di Padova. Si tratta di due anziani di Vo’ Euganeo di 78 e 67 anni che non sono stati mai in Cina e non hanno avuto contatti con cinesi. Non si conosce dunque l’origine del loro contagio. Purtroppo uno dei due anziani, l’uomo di 78 anni, è deceduto alle 22,45 di venerdì sera all’ospedale di Schiavonia, dove era ricoverato da una decina di giorni per precedenti patologie. L’uomo di chiamava Adriano Trevisan ed è la prima vittima del coronavirus in Italia.

Nella notte tra venerdì e sabato sono stati segnalati nuovi casi di coronavirus in Lombardia e Veneto: uno è un paziente dell’ospedale di Cremona, che fa salire a 16 i casi di Covid-19 in Lombardia, come riporta RaiNews, mentre gli altri sarebbero alcuni pazienti dell’ospedale di Schiavonia, dove erano già ricoverati i due anziani, che sarebbero risultati positivi ai tamponi, come riporta Ansa.

Nel frattempo, per fortuna ci sono anche buone notizie. È terminata la quarantena per i 55 italiani tornati da Wuhan a inizio febbraio e che erano stati posti in isolamento alla Cecchignola. È praticamente guarito il giovane ricercatore italiano, anche lui rientrato da Wuhan e che aveva il contratto il coronavirus: “Risulta persistentemente negativo al test sul coronavirus”, hanno riferito i medici dello Spallanzani. Mentre Niccolò, il 17enne, anche lui a Wuhan, riportato in Italia con un aereo militare, è ancora in osservazione ma non risulta abbia il coronavirus. Infine migliora la coppia di turisti cinesi, soprattutto l’uomo.

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