“Ho il diritto di vivere”: una ragazza con la Sindrome di Down parla all’ONU

Care unimamme, in questi giorni sta girando in rete un video che mostra una ragazza con la Sindrome di Down che parla ai microfoni durante una conferenza. All’inizio non si capisce dove si trovi, ma cercando info abbiamo scoperto che si trovava a Ginevra, in Svizzera e il discorso l’ha tenuto alle Nazioni Unite.

Charlotte, questo è il nome della ragazza, ha 21 anni ed ha tenuto questo discorso in occasione della 12esima giornata mondiale sulla Sindrome di Down, il cui tema era “#myvoicemycommunity” (la mia voce la mia comunità), con lo scopo di favorire la parità di trattamento delle persone con la Sindrome di Down.

Il discorso di Charlotte Fein, ragazza con la Sindrome di Down e l’autismo, alle Nazioni Unite

Charlotte parla correttamente due lingue, e la madre ha raccontato che i medici le avevano detto che non avrebbe mai parlato bene nemmeno una lingua. Così come le avevano detto che avrebbe camminato a 4-5 anni mentre è riuscita a 15 mesi. Le avevano addirittura detto che la figlia avrebbe tenuto i pannolini fino ai 9 anni, ma la madre racconta che li ha dismessi prima del fratello che non ha la Sindrome di Down. Tutto ciò per dire che tanti, troppi sono i pregiudizi sui bambini con la Sindrome di Down, e Charlotte, così come tanti altri, dimostra che i medici possono sbagliare e spesso delineano un quadro negativo, che poi non si realizza.

Questi ragazzi sono senza limiti” afferma la mamma di Charlotte, sottolineando quanto sia importante dar loro fiducia e crederci, e nel discorso che Charlotte ha scritto lo conferma, come si legge su BrightVibes.

Il messaggio lo ha scritto dopo aver visto il documentario “Un mondo senza Sindrome di Down”, nel quale si parla del fatto che con il nuovo esame previsto in Gran Bretagna si rischia di azzerare il numero di bambini nati con questa Sindrome.

Ecco il discorso e a seguire la sua traduzione.

“Buon pomeriggio, il mio nome è Charlotte Helene Fien.

Ho 21 anni e ho la Sindrome di Down e l’Autismo.

Negli anni ’30 e ’40 i Nazisti hanno deciso di liberarsi di tutte le persone disabili.

Più di 200 mila persone disabili sono state uccise, inclusi molti bambini con la Sindrome di Down.

Oggi sta avvenendo la stessa cosa.

Un test che verifica la Sindrome di Down è usato per uccidere tutti i bambini con la Sindrome di Down.

In Islanda, Danimarca e Cina non un solo bambino con la Sindrome di Down è nato per 7 anni, SETTE ANNI!

L’obiettivo è sradicare la Sindrome di Down in futuro.

Questo mi rende arrabbiata e molto triste.

Io ho la Sindrome di Down.

Non sto soffrendo.

Non sono malata.

Nessuno dei miei amici che ha la Sindrome di Down sta soffrendo.

Abbiamo tutti vite felici.

Andiamo al pub, partecipiamo a feste e cene a casa della mia amica Aimee,
abbiamo un fidanzato e abbiamo piani e obiettivi per il futuro.

Abbiamo soltanto un cromosoma extra ma siamo ancora esseri umani.

Noi siamo esseri umani.

Non siamo mostri, non abbiate paura di noi.

Siamo persone con diverse abilità e forze.

Non siate dispiaciuti per me, la mia vita va alla grande!

Il mio obiettivo è di trovare un lavoro che amo.

Amo il golf e vorrei insegnare ai bambini a giocarlo.

Gioco a golf da quando avevo 6 anni.

Voglio vivere indipendente un giorno e supportarmi con il mio lavoro.

Ho già viaggiato da sola in diversi posti e anche all’estero.

Non abbiate paura di me o non siate dispiaciuti per me.

Io sono come voi.

Io sono come voi ma diversa.

Io ho un cromosoma extra, non mi impedisci di godere della vita.

Per favore non provate a ucciderci tutti.

Non permettete questo test.

Se lo permettete non siete meglio dei Nazisti che hanno ucciso 200 mila persone disabili.

Ho il diritto di vivere e così altre persone come me”

Un discorso potente e commovente, che ha ricevuto una standing ovation di 5 minuti e che ha accolto l’appoggio di tante famiglie e associazioni che si battono per le persone con la Sindrome di Down affinché possano vivere la loro vita, e raggiungere i loro traguardi, che sono gli stessi di tanti ragazzi.

Il test a cui si riferisce Charlotte è il test prenatale non invasivo sul DNA che in alcuni paesi viene fatto fare alle donne nei primi mesi, e che potrebbe consentire di sapere prima, rispetto ad esempio ad esami invasivi come Amniocentesi e Villocentesi, se il bambino è affetto da qualche sindrome o malattia.

Che ne pensate del suo discorso? Non vi stupite anche voi ogni giorno di ciò che questi ragazzi riescono a fare e a dire? Noi si, felicemente stupiti!

Vi lasciamo con la storia della prima insegnante di scuola materna con la Sindrome di Down, e con i risultati di una ricerca su come un figlio con la sindrome di Down influenzi una famiglia.

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