Pianto bambini cosa fare: è bene prenderli in braccio oppure no?

Che cosa fare quando il pianto del nostro bambino è inconsolabile? Questa è una domanda che si pongono moltissime mamme e a cui cercano una risposta.

Bambino che piange (fonte unsplash)
Bambino che piange (fonte unsplash)

Ci sono dei momenti nel corso della giornata in cui i bambini piccoli, da quelli neonati ai più grandicelli, piangono in modo inconsolabile e senza un apparente motivo.

In realtà come si è visto in un articolo precedente, molto spesso le cause sono dovute a più fattori: come fame, stress, l’assumere una posizione diversa o la mancanza di contatto.

In questi momenti però, molte mamme si trovano in dubbio sul da farsi: ci sono quelle che corrono al primo accenno di pianto, coloro che sperano che sia un falso allarme, aspettando di vedere come si sviluppa la situazione e quelle che corrono ad abbracciare il piccolo nella speranza di calmarlo.

A ciò si aggiunge il fatto che non tutti sono pienamente d’accordo su questo tipo di comportamento, credendo che correndo a prendere in braccio il piccolo per farlo calmare, potrebbe renderlo più mammone, facendo in modo che si distacchi tardi e con più difficoltà dalla mamma.

Altri invece sostengono che il bambino, soprattutto nei primi mesi di vita, ha bisogno di sentire il contatto della propria mamma in particolar modo in questi momenti in cui difficilmente si calma da solo.

Pianto bambini, cosa fare: prenderli o meno in braccio

Neonato che piange (fonte unsplash)
Neonato che piange (fonte unsplash)

In realtà ci sono tantissimi studi scientifici a riguardo che non solo si concentrano sul sonno dei bambini, ma cercano anche di capire che cosa scateni questi pianti inconsolabili.

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Tra l’altro per calmare il proprio bimbo in queste situazioni esistono diversi metodi che inducono il bambino a dormire, sempre in un articolo precedente abbiamo parlato di una tecnica specifica, il metodo di Harvey Karp, pediatra statunitense, molto amato dalle star.

In ogni caso in una recente ricerca portata avanti dall’università di Warwick, pubblicata sul Journal of Child Psychology and Psychiatry, pare che lasciare i propri piccoli non comporti nessun danno permanente.

Si è notato che nell’arco dei diciotto mesi, i bambini che vengono lasciati piangere non sviluppano nessun tipo di problema comportamentale.

Quindi è solo un’antica credenza?

Lo studio è stato svolto in maniera molto dettagliata e ha preso come campione 178 neonati e le loro mamme. Tutti sono stati seguiti per circa due anni. I ricercatori hanno chiesto alle donne di annotare su un taccuino quanto spesso coccolassero i loro figli in seguito a una crisi di pianto.

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Nel frattempo i bambini sono stati sottoposti a una serie di test al raggiungimento dei 3 e 18 mesi, in modo tale da appurare a che livello fossero attaccati alla mamma e se soffrissero di disturbi comportamentali.

I risultati dei test hanno dato delle risposte davvero eccezionali. A quanto pare tra i bambini che vengono coccolati durante il pianto e quelli lasciati a disperarsi non si è trovata alcuna differenza. Anzi, per i secondi questi momenti no duravano meno rispetto ai primi.

Ciò che gli scienziati hanno notato è il cambiamento comportamentale delle madri. Con il passare del tempo, anche quelle più apprensive hanno cominciato a lasciar piangere il proprio piccolo, non accorrendo subito al primo accenno.

Gli studiosi hanno dichiarato che un simile comportamento può aiutare i bambini a diventare più autosufficienti e responsabili, in modo tale che con il tempo imparino a piangere di meno sia di giorno sia di notte.

Certo sentire il proprio bambino piangere disperato non è mai facile e l’istinto per tante mamme spinge a correre da lui e calmarlo.

Alla fine un pò di coccole non hanno mai fatto male a nessuno, figuriamoci quando sono così piccoli e indifesi: la coccola scappa sempre!

neonato pianto
Neonato che piange (fonte unsplash)

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E voi unimamme avevate letto questo studio?

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